mercoledì 1 aprile 2020

Conte proroga la stretta 'Se molliamo ora, sforzi vani'


Il premier Giuseppe Conte ha firmato il dpcm proroga blocchi fino al 13 aprile. I morti sono “una ferita che mai potremo sanare: non siamo nella condizione di poter allentare le misure restrittive e alleviare i disagi e risparmiarvi i sacrifici a cui siete sottoposti”, ha detto il presidente del Consiglio in conferenza stampa a Palazzo Chigi. 
“C’è una sparuta minoranza di persone che non rispetta le regole: abbiamo disposto sanzioni severe e misure onerose. Non ci possiamo permettere che l’irresponsabilità di alcuni rechino danni a tutti”.  
“Se iniziassimo ad allentare le misure, tutti gli sforzi sarebbero vani, quindi pagheremmo un prezzo altissimo, oltre al costo psicologico e sociale, saremmo costretti a ripartire di nuovo, un doppio costo che non ci posiamo permettere. Invito tutti a continuare a rispettare le misure
Non siamo nelle condizioni di dire che il 14 aprile allenteremo le misure. Quando gli esperti ce lo diranno, entreremo nella fase 2 di allentamento graduale per poi passare alla fase 3 di uscita dall’emergenza, della ricostruzione, del rilancio”. 
La fase due sarà di convivenza con il virus. Poi, la fase tre, sarà di uscita dall’emergenza e di ripristino della normalità lavorative, sociali, della ricostruzione e del rilancio”. 

Non abbiamo affatto autorizzato l’ora del passeggio coi bambini. Abbiamo solo detto che quando un genitore va a fare la spesa si può consentire anche l’accompagno di un bambino. Ma non deve essere l’occasione di andare a spasso e avere un allentamento delle misure restrittive”.
Nel nuovo dpcm si vietano gli allenamenti anche degli atleti professionisti “onde evitare – ha spiegato Conte – che delle società sportive possano pretendere l’esecuzione di una prestazione sportiva anche nella forma di un allenamento. Ovviamente gli atleti non significa che non potranno più allenarsi: non lo faranno in maniera collettiva ma individuale”. 
“Io sono stato ben chiaro: nelle nostre decisioni politiche abbiamo fatto una scelta. Partiamo dal presupposto che la nostra Costituzione attribuisce valore prioritario alla tutela della salute e poi cerchiamo anche di contemperare le esigenze dell’economia”, ha detto il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa a Palazzo Chigi parlando delle misure anti contagio adottate dal governo. “Credo – aggiunge – che una decisione politica debba avere una base scientifica. Non ho mai detto che seguiamo alla lettera le valutazioni del comitato tecnico scientifico: ho detto che valutiamo le indicazioni degli scienziati. La politica sta affrontando un nemico sconosciuto che non è abituata ad affrontare, così come gli scienziati. Ma poi interviene la politica e la prospettiva è diversa perché il decisore politico deve agire in scienza e coscienza tenendo conto di tutti gli interessi in gioco. E soprattutto deve essere guidato dai principi costituzionali, che sono anche nella Costituzione a volte in contrasto tra loro”.
LA CONFERENZA DI CONTE 
L’INTERVISTA AL PREMIER – Accordi e Disaccordi”Proroga fino al 3 maggio? E’ un’ipotesi non accreditata, in questo momento è presto. I nostri esperti aggiornano i dati ogni giorno, fino al 20 aprile ci saranno elaborazioni”. Così il premier Giuseppe Conte durante la registrazione dello Speciale Accordi e Disaccordi in onda stasera alle 21,25 sul Nove. “Dire oggi ‘primi di maggio o fine di aprile’ non ha senso. Gli italiani devono sapere che il regime di restrizioni è necessario – continua – nel momento in cui vedremo possibilità di allentare questa morsa, saremo i primi a volerlo fare”.
“Innanzitutto il messaggio che dobbiamo dare agli italiani è confermare che il regime attuale continua”, ha detto il premier Giuseppe Conte durante la registrazione dello Speciale Accordi e Disaccordi in onda stasera su Nove. “Bisogna rispettare le regole. Stiamo attraversando una fase delicata. Un timido segnale di contenimento c’è, ma non dobbiamo abbassare il livello di guardia, altrimenti – continua – gli sforzi saranno stati vani”.
”E’ certo che non ritengo di dover rimanere seduto su questa poltrona vita natural durante. Ovviamente mi attengo all’orizzonte di una legislatura, ma poi rimetto alle forze di maggioranza le valutazioni, confido che si possa lavorare anche per la ricostruzione, questo sì”. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte allo Speciale Accordi e Disaccordi, sul Nove, rispondendo a una domanda sul futuro del governo. ”Se penso ci possa essere un cambio di governo esaurita l’emergenza sanitaria? Dovendo lavorare su un’emergenza complessa e impegnativa gli scenari futuri non possono appassionarmi”.
LE PAROLE DI SPERANZA AL SENATO – Il governo ha deciso di prorogare fino al 13 aprile tutte le misure di limitazione alle attività e agli spostamenti individuali finora adottate, ha annunciato in mattinata il ministro della Salute, Roberto Speranza, nell’informativa al Senato. “Siamo nel pieno di un’esperienza durissima e drammatica – ha detto il ministro – avremo tempo e modo di valutare ogni atto e conseguenza, ma a tutti è chiara una cosa: il Servizio sanitario nazionale è il patrimonio più prezioso che possa esserci e su di esso dobbiamo investire con tutte le forze che abbiamo. Il clima politico positivo e unitario è una precondizione essenziale per tenere unito il Paese in questo momento difficile della nostra storia. Non è il tempo delle divisioni. L’unità e la coesione sociale sono indispensabili in queste condizioni, come ha detto il presidente Mattarella”, ha sottolineato. “Attenzione ai facili ottimismi – dice ancora SPeranza – che possono vanificare i sacrifici fatti: non dobbiamo confondere i primi segnali positivi con un segnale di cessato allarme. La battaglia è ancora molto lunga e sbagliare i tempi o anticipare misure sarebbe vanificare tutto”.
Ad oggi i posti in terapia intensiva “sono 9.081, con un incremento del 75% in meno di un mese, contro i 3.595 iniziali. Sono stati cioè triplicati”. I posti letto in Pneumologia sono invece passati da 6.525 a 26.524. Inoltre, ha annunciato, “sono stati già firmati 12.000 nuovi contratti per il personale sanitario e altre procedure sono in corso”.
Le decisioni “drastiche prese – ha spiegato Speranza – iniziano a dare i primi risultati e il contagio rallenta, ma sarebbe un errore scambiare un primo risultato per una sconfitta del Covid-19”. Il ministro ha quindi indicato un obiettivo: “Dobbiamo portare sotto il livello 1 il parametro R con zero, ovvero l’indice di contagio. Questo per evitare che il Sistema sanitario nazionale venga colpito da un ulteriore tsunami, ma la strada è ancora lunga” anche perchè in mancanza di un vaccino è tutto “molto difficile”. Il ministro ha anche fatto riferimento alla necessità di “graduali misure” per evitare una ripresa esponenziale dei casi. La “fase di condivisione con il virus – ha detto – andrà gestita con l Comitato tecnico scientifico, con prudenza e conservando le pratiche dei comportamenti responsabili”. “Dobbiamo programmare il domani e lo stiamo già facendo – ha concluso – ma non bisogna sbagliare i tempi”.
Emma Bonino dopo l’informativa del ministro ha chiesto di verificare “con i tamponi tutti le persone anche asintomatiche che in questi giorni lavorano per rendere la nostra vita possibile: possono a loro insaputa e senza volerlo divulgare il contagio”. 
“Dobbiamo stare chiusi in casa fino a Pasquetta? Bene – ha detto Renzi nel suo intervento – Ma domani è la giornata dell’autismo. Pensiamo agli autistici che hanno bisogno di uscire. Rispettiamo la decisione del ministro Speranza, ma lui domani rifletta se non valga la pena di permettere agli autistici di poter uscire almeno per un periodo. Come gestire l’emergenza non può essere affidato solo ai virologi. La riapertura deve essere graduale e prudente ma deve essere strategica per non ripetere errori che ci sono stati. Non facciamo l’errore di dare ai tecnici il potere di decidere quello che tocca alla politica. Chi chiede di tornare a pensare ad una nuova normalità lo fa anche perchè nella gestione dell’emergenza gli italiani danno il meglio; ma tornare a una normalità è cardine della nostra democrazia”.

martedì 31 marzo 2020

Una circolare del Viminale ha specificato le possibilità per un genitore di fare due passi con i propri figli vicino all’abitato

La stessa possibilità è prevista anche per i disabili e gli anziani

Il ministero dell’Interno ha diffuso una nuova circolare inviata ai prefetti e destinata a chiarire alcuni aspetti dei divieti in vigore per rallentare la diffusione del coronavirus in Italia.

Vi si dice in particolare che per quanto riguarda gli spostamenti di persone, «è consentito a un solo genitore camminare con i propri figli minori» e che «tale attività può essere ricondotta alle attività motorie all’aperto, purché in prossimità della propria abitazione» e che un genitore può camminare insieme ai propri figli anche nel corso di spostamenti motivati da situazioni di necessità o per motivi di salute, che sono tra quelli consentiti a tutti. Il chiarimento sembra andare incontro alle molte richieste di genitori di permettere un’uscita sorvegliata ai bambini e ai ragazzi, promosse in questi giorni e raccolte da diversi giornali.
Inoltre, la circolare autorizza la presenza di accompagnatori anche nel caso di uscite di anziani e disabili.
Il Post ha fatto una newsletter sul coronavirus, per aggiornare e informare sulle cose da sapere e su quelle da capire: ci si iscrive qui.
Potranno essere, altresì, consentiti spostamenti nei pressi della propria abitazione giustificati da esigenze di accompagnamento di anziani o inabili da parte di persone che ne curano l’assistenza, in ragione della riconducibilità dei medesimi spostamenti a motivazioni di necessità o di salute.
La circolare aggiunge anche che «l’attività motoria generalmente consentita», come fare una passeggiata con i propri figli, «non va intesa come equivalente all’attività sportiva (jogging)». Questo punto della circolare farebbe suonare incerta la possibilità di fare attività sportiva all’aperto, andando in contrasto con quanto detto nelle scorse settimane dalle autorità. Nella pagina del sito del governo che contiene le risposte alle domande frequenti sulle restrizioni agli spostamenti e agli assembramenti è infatti scritto che: «Si può uscire dal proprio domicilio solo per andare al lavoro, per motivi di salute o per necessità ovvero per svolgere attività sportiva o motoria all’aperto. Pertanto le passeggiate sono ammesse solo se strettamente necessarie a realizzare uno spostamento giustificato da uno dei motivi appena indicati. […] Inoltre è giustificata ogni uscita dal domicilio per l’attività sportiva o motoria all’aperto».
Successivamente alla pubblicazione della circolare, fonti del ministero dell’Interno riportate da ANSA hanno precisato che il jogging rimane tra le attività permesse. Per ora sul sito del ministero non sono state pubblicate precisazioni ufficiali.
La circolare, firmata dal capo di Gabinetto Matteo Piantedosi, ribadisce poi quanto già detto dai decreti governativi emessi nelle scorse settimane e cioè che è vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico, ma specifica che tale divieto non può ritenersi violato dalla presenza in spazi all’aperto di persone ospitate nella medesima struttura di accoglienza (come ad esempio le case-famiglia).


Coronavirus, l’assessore di Brescia a TPI: “Il Governo non ha inquadrato bene la situazione.


Alessandro Cantoni a TPI denuncia: "Sia Stato che Regione non hanno ben compreso il grido d’aiuto che viene dalla nostra città. Le terapie intensive qui sono al collasso e siamo addirittura costretti a trasferire i pazienti in Germania"

Coronavirus, l’assessore di Brescia a TPI: “Riceviamo più aiuti dall’estero che dall’Italia”
Alessandro Cantoni è assessore del Comune di Brescia alle Politiche per la Casa e alla Partecipazione dei Cittadini, è un ingegnere, un giovane amministratore come molti di quelli che in questi giorni lavorano per dare risposte a cittadini sempre più disorientati e, purtroppo, sempre più vulnerabili. Lo incontriamo per capire cosa sta accadendo a Brescia, una delle città più colpite dall’emergenza Coronavirus.
Qual è la situazione oggi a Brescia? Ci sono miglioramenti?
Purtroppo no. A Brescia non siamo in una parabola discendente come sta avvenendo in altre città. Abbiamo circa 350 contagiati al giorno identificati, ma in realtà sono molti di più, e 70-80 decessi al giorno. Non riusciamo a contenere il contagio e soprattutto non riusciamo a comprendere come mai le nostre richieste d’aiuto non vengano ascoltate.

 Che cosa avete chiesto?
Abbiamo chiesto cose molto semplici, si tratta di richieste fatte da indicazioni dei medici di base e dai primari della terapia intensiva, ovvero effettuare tamponi a tutte le famiglie che hanno un solo sintomo. I familiari escono per fare la spesa, vanno in farmacia, vanno a lavorare e possono contagiare altre persone. I numeri che ci vengono detti non sono reali. Tutti gli amministratori hanno una rete di relazioni, sappiamo di avere cittadini a casa con la febbre, alcuni non riescono nemmeno a chiamare l’ambulanza. Non possono fare il tampone e probabilmente in tantissimi sono positivi.

Come sta reagendo il governo?
Siamo in un limbo, non riusciamo a far capire al Ministro Speranza, al Presidente del Consiglio e alla Protezione Civile che probabilmente non hanno inquadrato bene la situazione, che abbiamo bisogno di medici, di infermieri e attrezzature necessarie per curare i nostri malati. Questo lo dico senza fare alcuna polemica: vogliamo essere pratici e concreti, sia Stato che Regione non hanno ben compreso il grido d’aiuto che viene dalla nostra città.
I medici degli ospedali ci fanno capire che non hanno abbastanza personale e persone specializzate, oltre 300 dipendenti dell’ospedale sono a casa in quarantena perché positivi, e non è possibile mettere in TU infermieri che si sono laureati il 13 marzo.

Chi vi sta aiutando?
Non riusciamo a capire perché le regioni vicine non ci stanno dando una mano soprattutto per quanto riguarda le terapie intensive che qui sono al collasso costringendoci addirittura a trasferire i pazienti in Germania! Riusciamo a chiamare e coinvolgere infermieri e medici che ci vengono mandati dall’estero, dall’Albania, dalla Slovenia. Risulta evidentissimo che da questa tragedia va completamento rivisto il servizio sanitario nazionale. Anzi, non esiste davvero un servizio sanitario nazionale.
I 400 milioni annunciati dal Presidente Conte saranno sufficienti per i comuni?
Possiamo già dire che è una cifra insufficiente, ci aspettiamo la nostra quota parte, ma stiamo parlando di briciole. L’auspicio è che sia un primo step che possa essere integrato con step successivi a brevissima scadenza. Fortunatamente noi siamo già pronti da tempo con un regolamento, che indica come spendere queste risorse, perché già avevamo pensato ad un fondo di questo tipo per le famiglie bisognose.

Viene da pensare che siano indispensabili, i volontari, più che le istituzioni.
Abbiamo la fortuna di aver creduto nello strumento di partecipazione dei consigli di quartiere, in seguito all’abolizione delle circoscrizioni. Queste realtà ci stanno aiutando a coordinare e reclutare oltre 500 volontari che aiutano con spese, acquisto farmaci e quant’altro viene richiesto con urgenza. Senza di loro saremmo perduti.
Cosa dovrebbe fare lo Stato?
Lo Stato deve fare lo Stato: supportare dal punto di vista economico le persone che hanno perso un lavoro, chiuso le aziende, studi professionali o negozi e tutte le realtà connesse. Gli interventi di cui parliamo sono insufficienti. Inoltre l’aiuto più importante in questa fase è quello di avere una regia capace di capire le difficoltà del nostro sistema sanitario.
Le varie disposizioni ministeriali devono, a mio avviso, essere divise per zone. Non tutte le città sono uguali, anzi presentano criticità diverse. Noi di Brescia, Bergamo e hinterland dovremmo ricevere maggiore attenzione. Stiamo, per esempio, finendo le bombole dove trasferire l’ossigeno per i pazienti che si trovano a casa. Ripeto, non si possono fare disposizioni per tutta l’Italia, perché le condizioni sono diverse. Invece tutta l’Italia dovrebbe aiutare le zone più colpite: abbiamo fatto l’Italia e ora dobbiamo fare gli italiani.

Sospensione mutuo casa: modulo di richiesta da compilare online


Nuovo modulo aggiornato con le novità sull'allargamento della platea e le nuove possibilità di sospensione mutuo prima casa previste per l'emergenza Coronavirus: si scarica e compila online la richiesta da presentare in banca.
Non solo regole più flessibili ma anche semplificazioni nel presentare domanda online di sospensione mutuo prima casa per l’emergenza Coronavirus: il ministero delle Finanze segnala la nuova modulistica, compilabile direttamente online. Si tratta, lo ricordiamo, dell’agevolazione che consente di sospendere per 18 mesi (in aggiunta ad eventuali precedenti sospensioni) il mutuo prima casa, così come previsto da due diversi provvedimenti di Coronavirus, il dl 9/ 2018 e il dl 20/2020.
30 Marzo 2020Il modulo va presentato alla banca, è aggiornato con le nuove regole (per cui consente di presentare la domanda in caso di riduzione o sospensione dal lavoro per almeno 30 giorni lavorativi consecutivi, o per autonomi e liberi professionisti che hanno subito riduzioni di fatturato pari almeno al 33%). Ed è pensato per essere più semplice da compilare rispetto al modello precedente.
Ricordiamo che, in base a quanto previsto dal decreto ministeriale attuativo, è possibile beneficiare della sospensione di 18 mesi anche se in passato erano già stati autorizzati altri provvedimenti analoghi, purché l’ammortamento sia ripreso da 3 mesi.
Per le sospensioni dovute all’emergenza Coronavirus non è richiesta neanche la presentazione dell’ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente). Inoltre, il Fondo paga il 50% degli interessi che maturano nel periodo della sospensione.
26 Marzo 2020Il modulo è scaricabile sui siti del Dipartimento del Tesoro (ministero dell’Economia), di Consap (concessionaria servizi assicurativi pubblici) e dell’Abi (banche italiane).

Come detto, è prevista la compilazione online. Il cittadino in possesso dei requisiti previsti per l’accesso al Fondo, spiega il ministero, «deve prendere contatto con la banca che ha concesso il mutuo, la quale dietro presentazione della documentazione necessaria procede alla sospensione del finanziamento».