martedì 31 marzo 2020

Una circolare del Viminale ha specificato le possibilità per un genitore di fare due passi con i propri figli vicino all’abitato

La stessa possibilità è prevista anche per i disabili e gli anziani

Il ministero dell’Interno ha diffuso una nuova circolare inviata ai prefetti e destinata a chiarire alcuni aspetti dei divieti in vigore per rallentare la diffusione del coronavirus in Italia.

Vi si dice in particolare che per quanto riguarda gli spostamenti di persone, «è consentito a un solo genitore camminare con i propri figli minori» e che «tale attività può essere ricondotta alle attività motorie all’aperto, purché in prossimità della propria abitazione» e che un genitore può camminare insieme ai propri figli anche nel corso di spostamenti motivati da situazioni di necessità o per motivi di salute, che sono tra quelli consentiti a tutti. Il chiarimento sembra andare incontro alle molte richieste di genitori di permettere un’uscita sorvegliata ai bambini e ai ragazzi, promosse in questi giorni e raccolte da diversi giornali.
Inoltre, la circolare autorizza la presenza di accompagnatori anche nel caso di uscite di anziani e disabili.
Il Post ha fatto una newsletter sul coronavirus, per aggiornare e informare sulle cose da sapere e su quelle da capire: ci si iscrive qui.
Potranno essere, altresì, consentiti spostamenti nei pressi della propria abitazione giustificati da esigenze di accompagnamento di anziani o inabili da parte di persone che ne curano l’assistenza, in ragione della riconducibilità dei medesimi spostamenti a motivazioni di necessità o di salute.
La circolare aggiunge anche che «l’attività motoria generalmente consentita», come fare una passeggiata con i propri figli, «non va intesa come equivalente all’attività sportiva (jogging)». Questo punto della circolare farebbe suonare incerta la possibilità di fare attività sportiva all’aperto, andando in contrasto con quanto detto nelle scorse settimane dalle autorità. Nella pagina del sito del governo che contiene le risposte alle domande frequenti sulle restrizioni agli spostamenti e agli assembramenti è infatti scritto che: «Si può uscire dal proprio domicilio solo per andare al lavoro, per motivi di salute o per necessità ovvero per svolgere attività sportiva o motoria all’aperto. Pertanto le passeggiate sono ammesse solo se strettamente necessarie a realizzare uno spostamento giustificato da uno dei motivi appena indicati. […] Inoltre è giustificata ogni uscita dal domicilio per l’attività sportiva o motoria all’aperto».
Successivamente alla pubblicazione della circolare, fonti del ministero dell’Interno riportate da ANSA hanno precisato che il jogging rimane tra le attività permesse. Per ora sul sito del ministero non sono state pubblicate precisazioni ufficiali.
La circolare, firmata dal capo di Gabinetto Matteo Piantedosi, ribadisce poi quanto già detto dai decreti governativi emessi nelle scorse settimane e cioè che è vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico, ma specifica che tale divieto non può ritenersi violato dalla presenza in spazi all’aperto di persone ospitate nella medesima struttura di accoglienza (come ad esempio le case-famiglia).


Coronavirus, l’assessore di Brescia a TPI: “Il Governo non ha inquadrato bene la situazione.


Alessandro Cantoni a TPI denuncia: "Sia Stato che Regione non hanno ben compreso il grido d’aiuto che viene dalla nostra città. Le terapie intensive qui sono al collasso e siamo addirittura costretti a trasferire i pazienti in Germania"

Coronavirus, l’assessore di Brescia a TPI: “Riceviamo più aiuti dall’estero che dall’Italia”
Alessandro Cantoni è assessore del Comune di Brescia alle Politiche per la Casa e alla Partecipazione dei Cittadini, è un ingegnere, un giovane amministratore come molti di quelli che in questi giorni lavorano per dare risposte a cittadini sempre più disorientati e, purtroppo, sempre più vulnerabili. Lo incontriamo per capire cosa sta accadendo a Brescia, una delle città più colpite dall’emergenza Coronavirus.
Qual è la situazione oggi a Brescia? Ci sono miglioramenti?
Purtroppo no. A Brescia non siamo in una parabola discendente come sta avvenendo in altre città. Abbiamo circa 350 contagiati al giorno identificati, ma in realtà sono molti di più, e 70-80 decessi al giorno. Non riusciamo a contenere il contagio e soprattutto non riusciamo a comprendere come mai le nostre richieste d’aiuto non vengano ascoltate.

 Che cosa avete chiesto?
Abbiamo chiesto cose molto semplici, si tratta di richieste fatte da indicazioni dei medici di base e dai primari della terapia intensiva, ovvero effettuare tamponi a tutte le famiglie che hanno un solo sintomo. I familiari escono per fare la spesa, vanno in farmacia, vanno a lavorare e possono contagiare altre persone. I numeri che ci vengono detti non sono reali. Tutti gli amministratori hanno una rete di relazioni, sappiamo di avere cittadini a casa con la febbre, alcuni non riescono nemmeno a chiamare l’ambulanza. Non possono fare il tampone e probabilmente in tantissimi sono positivi.

Come sta reagendo il governo?
Siamo in un limbo, non riusciamo a far capire al Ministro Speranza, al Presidente del Consiglio e alla Protezione Civile che probabilmente non hanno inquadrato bene la situazione, che abbiamo bisogno di medici, di infermieri e attrezzature necessarie per curare i nostri malati. Questo lo dico senza fare alcuna polemica: vogliamo essere pratici e concreti, sia Stato che Regione non hanno ben compreso il grido d’aiuto che viene dalla nostra città.
I medici degli ospedali ci fanno capire che non hanno abbastanza personale e persone specializzate, oltre 300 dipendenti dell’ospedale sono a casa in quarantena perché positivi, e non è possibile mettere in TU infermieri che si sono laureati il 13 marzo.

Chi vi sta aiutando?
Non riusciamo a capire perché le regioni vicine non ci stanno dando una mano soprattutto per quanto riguarda le terapie intensive che qui sono al collasso costringendoci addirittura a trasferire i pazienti in Germania! Riusciamo a chiamare e coinvolgere infermieri e medici che ci vengono mandati dall’estero, dall’Albania, dalla Slovenia. Risulta evidentissimo che da questa tragedia va completamento rivisto il servizio sanitario nazionale. Anzi, non esiste davvero un servizio sanitario nazionale.
I 400 milioni annunciati dal Presidente Conte saranno sufficienti per i comuni?
Possiamo già dire che è una cifra insufficiente, ci aspettiamo la nostra quota parte, ma stiamo parlando di briciole. L’auspicio è che sia un primo step che possa essere integrato con step successivi a brevissima scadenza. Fortunatamente noi siamo già pronti da tempo con un regolamento, che indica come spendere queste risorse, perché già avevamo pensato ad un fondo di questo tipo per le famiglie bisognose.

Viene da pensare che siano indispensabili, i volontari, più che le istituzioni.
Abbiamo la fortuna di aver creduto nello strumento di partecipazione dei consigli di quartiere, in seguito all’abolizione delle circoscrizioni. Queste realtà ci stanno aiutando a coordinare e reclutare oltre 500 volontari che aiutano con spese, acquisto farmaci e quant’altro viene richiesto con urgenza. Senza di loro saremmo perduti.
Cosa dovrebbe fare lo Stato?
Lo Stato deve fare lo Stato: supportare dal punto di vista economico le persone che hanno perso un lavoro, chiuso le aziende, studi professionali o negozi e tutte le realtà connesse. Gli interventi di cui parliamo sono insufficienti. Inoltre l’aiuto più importante in questa fase è quello di avere una regia capace di capire le difficoltà del nostro sistema sanitario.
Le varie disposizioni ministeriali devono, a mio avviso, essere divise per zone. Non tutte le città sono uguali, anzi presentano criticità diverse. Noi di Brescia, Bergamo e hinterland dovremmo ricevere maggiore attenzione. Stiamo, per esempio, finendo le bombole dove trasferire l’ossigeno per i pazienti che si trovano a casa. Ripeto, non si possono fare disposizioni per tutta l’Italia, perché le condizioni sono diverse. Invece tutta l’Italia dovrebbe aiutare le zone più colpite: abbiamo fatto l’Italia e ora dobbiamo fare gli italiani.

Sospensione mutuo casa: modulo di richiesta da compilare online


Nuovo modulo aggiornato con le novità sull'allargamento della platea e le nuove possibilità di sospensione mutuo prima casa previste per l'emergenza Coronavirus: si scarica e compila online la richiesta da presentare in banca.
Non solo regole più flessibili ma anche semplificazioni nel presentare domanda online di sospensione mutuo prima casa per l’emergenza Coronavirus: il ministero delle Finanze segnala la nuova modulistica, compilabile direttamente online. Si tratta, lo ricordiamo, dell’agevolazione che consente di sospendere per 18 mesi (in aggiunta ad eventuali precedenti sospensioni) il mutuo prima casa, così come previsto da due diversi provvedimenti di Coronavirus, il dl 9/ 2018 e il dl 20/2020.
30 Marzo 2020Il modulo va presentato alla banca, è aggiornato con le nuove regole (per cui consente di presentare la domanda in caso di riduzione o sospensione dal lavoro per almeno 30 giorni lavorativi consecutivi, o per autonomi e liberi professionisti che hanno subito riduzioni di fatturato pari almeno al 33%). Ed è pensato per essere più semplice da compilare rispetto al modello precedente.
Ricordiamo che, in base a quanto previsto dal decreto ministeriale attuativo, è possibile beneficiare della sospensione di 18 mesi anche se in passato erano già stati autorizzati altri provvedimenti analoghi, purché l’ammortamento sia ripreso da 3 mesi.
Per le sospensioni dovute all’emergenza Coronavirus non è richiesta neanche la presentazione dell’ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente). Inoltre, il Fondo paga il 50% degli interessi che maturano nel periodo della sospensione.
26 Marzo 2020Il modulo è scaricabile sui siti del Dipartimento del Tesoro (ministero dell’Economia), di Consap (concessionaria servizi assicurativi pubblici) e dell’Abi (banche italiane).

Come detto, è prevista la compilazione online. Il cittadino in possesso dei requisiti previsti per l’accesso al Fondo, spiega il ministero, «deve prendere contatto con la banca che ha concesso il mutuo, la quale dietro presentazione della documentazione necessaria procede alla sospensione del finanziamento».